Collimazione e mira
Collimazione e mira
• acquisizione del bersaglio: lo sguardo fisso sul punto dove la freccia deve andare a colpire, la testa è ferma e gli occhi fissano il bersaglio. La mira è grossolana e punta alla valutazione totale della superficie di impatto della freccia.
• collimazione allineamento: alzando l’arco si deve allineare il pin con il bersaglio.
La mira è ancora grossolana e sbiadita ma la procedura serve per restare allineati con il bersaglio.
Questa procedura arriva fino all’ancoraggio.
• collimazione ancoraggio: la collimazione si fa più precisa, la vista stringe il campo e cerca il “punto di attivazione del mirare”, per la procedura di rilascio.
In questo momento si stanno attivando dei meccanismi che controllano se tutto è in ordine e sensorialmente corretto.
E’ come il conto alla rovescia prima della partenza del missile, abbiamo attivato delle procedure di controllo sempre più raffinate su tutto il movimento, i “responsabili di settore” hanno dato il loro benestare, per arrivare – dopo l’OK del Capo Missione, alla mira.
• la mira: i decimi di secondo cominciano a scorrere fino ad arrivare al nostro, personale, tempo di attivazione del comando di rilascio, preceduto dall’assestamento muscolare, in quel breve tempo si deve portare la propria concentrazione fuori dall’arco, sul punto di mira.
Per il 90% degli arcieri questa fase non è gestita correttamente e quindi causa di errori, ripeto, non confondere la collimazione con la mira, sono due cose diverse eseguite in momenti diversi.
Nel momento della mira tutto deve essere compiuto dal punto di vista biomeccanico, l’arciere non esiste più come entità fisica ma diventa parte dell’universo, la sua anima si libera e diventa “speranza, forza e determinazione”.
Progredirà sulla strada della comunione con il tutto, la sua forza interiore sarà mille volte più grande perché sorretta dalla certezza delle sue capacità, sarà un uomo compiuto, perché la consapevolezza di aver compreso e interagito con il proprio “IO” ha abbattuto quel muro di sensazioni determinate dalle azioni consuete e meccanizzate delle nostra vita.
Avrà scoperto una comunicazione interna fantastica e speciale prima mai sperimentata perché sopita dalla consuetudine e dalla vita quotidiana che non ci permette di guardarci dentro in profondità per conoscerci perché siamo tesi a guardarci attorno e difenderci dal mondo odierno.
Saranno meno incomprensibili gli eremiti, i santoni e gli asceti di qualsiasi credo e religione, capaci di un livello più alto di comunicazione con il proprio “IO” e quindi con il tutto dell’universo
.”L’arciere diventa il suo arco, la sua freccia e il suo bersaglio“.
Così recita il Saggio. Sono riuscito a ottenere questo stato di grazia molti anni fa, quando l’agonismo era al centro della mia attività sportiva; ho passato varie esperienze che hanno favorito questa riuscita, finali di gare importanti, spareggi, scontri diretti … è un percorso, almeno nel mio caso, non volontario – mi ci sono trovato, è stata anche la conseguenza del tanto allenamento.
L’informazione sui processi mentali era nulla, la lettura più illuminante era “Lo zen e il tiro con l’arco”La frase del Maestro Zen, rivolta all’allievo che non riusciva ad eseguire il rilascio corretto “lascia che succeda” mi sembrava impraticabile per una mentalità occidentale, piena di pregiudizi culturali, più attaccata alla materia che allo spirito.
Qualche tempo dopo mi sono ricreduto con piena soddisfazione.
Devi leggere, meditare e comprendere quanto scritto nel capitolo “Paulo Coelho” (Il cammino del tiro con l’arco) “Il cammino dell’arco”, non ho mai trovato nessuno in grado di esprimere con la stessa forza le sensazioni che provo quando mi accingo a tirare, spero che coincidano con le tue.
A questo punto mi sembra corretto darti qualche indicazione sul metodo da utilizzare per allenarti al raggiungimento di questa sensazione.
Come avrai capito, il guaio della maggior parte degli arcieri è di non riuscire a dissociare la parte cosciente del cervello (che controlla i sensi e le relative sensazioni) con quella non cosciente più adatta a trattare con gli automatismi mentali.
Prendi un bicchiere e un cucchiaino, con movimento ritmico batti sul bicchiere provocando il caratteristico suono: a ogni battito conta mentalmente “uno, due, tre… ” fino a venti. Procedi nello stesso modo contando per ogni battito ma al contrario “venti, diciannove, diciassette… ” Ripeti per due volte il tutto, prima con conteggio in avanti poi indietro.
Poi posa il cucchiaino, ricorda il suono per ogni battito e contate avanti e indietro.
Riprendi a battere con il cucchiaino cinque battiti, poi ascolta il suono per cinque volte e conta per altre cinque, alternando fino a venti.
A questo punto continua a battere e contare, ma devi – alternativamente ogni cinque battute – isolare la tua voce mentale cercando di non sentire più il suono sul bicchiere e poi sentire solo il suono e non la voce mentale.
Questo strano gioco consentirà di spostare all’esterno la tua attenzione anche se stai compiendo il movimento fisico del battere.
Come già spiegato l’errore degli arcieri è non riuscire a spostare l’attenzione fuori dall’arco al momento della mira, così potrai provarci..